Scopri le 1661 chiese nei comuni e nelle frazioni
CercaIndividua velocemente le 1661 chiese sulla mappa.
Esplora la mappaScopri le 49 gallerie fotografiche: 2722 foto.
Scopri le Gallerie FotograficheScopri e consulta le 54 Newsletter di Chieseromaniche.
Consulta le NewsletterApprofondisci con: 973 termini, simboli e 318 immagini
Consulta il glossarioScopri i Santi con 328 schede agiografiche e 817 Fotografie.
Consulta le schede dei santiConsultazione n° 9857
Le reliquie ci appaiono come una delle più interessanti manifestazioni del Medioevo oscuro e superstizioso.
E con ragione!
Se togliamo loro la polvere del tempo, scopriremo storie affascinanti e personaggi indimenticabili.
Soprattutto, attraverso di loro possiamo stabilire una connessione diretta con uomini e donne del passato e guardare 2000 anni di storia in modo nuovo.
La polvere del mantello di san Martino, il dentino da latte di Gesù Bambino, migliaia e migliaia di frammenti della Vera Croce recuperata da sant’Elena: se scorriamo l’elenco delle innumerevoli reliquie conservate nei nostri santuari e nelle nostre chiese, non possiamo trattenere lo stupore e l’ironia per una ‘tipica’ testimonianza della superstizione e dell’oscurantismo medievale.
Ma se quello delle reliquie può apparire un mondo esclusivamente connesso con l’aspetto devozionale, con la fede e con l’esaltazione del sacro, esplorare le storie a loro legate ci conduce in un inedito mondo fatto di viaggi avventurosi, raggiri, contese teologiche, battaglie campali e rapporti di potere secolari.
Basta ricordare l’importanza che hanno per Venezia e Bari le reliquie di san Marco e san Nicola, rispettivamente trafugate da Alessandria d’Egitto e da Myra.
Sono storie che vedono protagonisti non solo santi e uomini di Chiesa, ma anche sovrani, condottieri, donne straordinarie, nobili e personaggi minori come pirati, ladri,abili millantatori e tanta povera gente in buona fede.
Inseguendo queste storie il lettore sarà trasportato dal palazzo imperiale di Costantinopoli a ciò che resta del Calvario presso Gerusalemme, dal cuore dell’Arabia alla brumosa Britannia, dalle abbazie ai palazzi reali, dalle piccole pievi rurali fino alle cattedrali delle più grandi città d’Europa.
La Madonna del Boschetto. Arte medievale a Frossasco e dintorni, curato da P. Gilli e pubblicato nel 2005 dal Centro Studi Piemontesi nella collana "Un filo d'arte", è un volume di 78 pagine che esplora il patrimonio artistico medievale di Frossasco e delle sue vicinanze.
Il libro si concentra sulla cappella della Madonna del Boschetto, analizzando la sua architettura e gli affreschi, inserendola nel contesto più ampio della vita religiosa e artistica del territorio tra Medioevo ed età moderna .
Attraverso contributi di studiosi, l'opera offre una panoramica dettagliata delle espressioni artistiche e delle pratiche devozionali locali.
Questo volume rappresenta una risorsa preziosa per chi è interessato alla storia dell'arte medievale piemontese, offrendo spunti per ulteriori ricerche e approfondimenti sul patrimonio culturale della regione.
La chiesa di San Felice a Cinaglio, risalente alla fine del IX secolo, sorge su una collinetta accanto al cimitero.
Nata con la funzione di chiesa parrocchiale col tempo è stata destinata a semplice chiesa cimiteriale.
La parte più antica è l’abside romanica che presenta una decorazione ad archetti pensili.
La torre campanaria, di cui era dotata fino al 1700, è ora scomparsa.
L’interno è ad aula rettangolare con tre volte a vela.
Gli affreschi dell’abside, all’interno, risalgono al XV secolo e sono attribuiti a pittori itineranti.
Nella volta vi troviamo un Cristo Pantocratore circondato dai simboli dei quattro Evangelisti.
Nella fascia sottostante, oltre ad alcuni Santi ed al committente, sono raffigurati i dodici Apostoli.
Le pareti dell’aula, di più recente costruzione sono state dipinte dal pittore Giovanni Lamberti a metà del secolo scorso.
La chiesa di Santa Maria Assunta o Santa Maria dei Morti sorge su un poggio nei pressi del cimitero.
Risale al XII secolo, donata da Federico I Barbarossa al Marchese Guglielmo di Monferrato insieme ai borghi di Marentino e Brusasco.
Con lo svilupparsi del borgo venne costruita una nuova parrocchiale, omonima, ma più centrale rispetto alle nuove costruzioni e questa chiesa venne declassata a sola chiesa cimiteriale.
La facciata presenta mattoni alternati a conci di arenaria.
Il corpo centrale ha il tetto a doppio spiovente.
Il portale è sormontato da una lunetta ed è situato sotto un arco a tutto sesto in mattoni ed arenaria.
Sul fianco sud vi era la cosiddetta “porta dei morti”, ora ridotta a finestra.
Tutto il perimetro del sottotetto presenta una fila di archetti pensili con peducci raffiguranti bizzarre sculture.
L’aula misura sei metri per dodici con abside semicircolare.
Le pareti sono spoglie e gli affreschi, in parte di Guglielmetto Fantini ed in parte di un frescante sconosciuto, sono concentrati nell’abside.
Sulla volta dell’abside è raffigurato un compianto sul Cristo morto, mentre sulla parete del catino absidale sono raffigurati alcuni Santi: Cristoforo col Bambino Gesù, Giacomo, Sebastiano, una Madonna del latte, Valeriano con altri due non identificabili, Lucia e Stefano.
I campanili, o più precisamente le torri campanarie, muti testimoni della vita artistica, sociale e religiosa della Valle d’ Aosta, si ergono per la maggior parte staccati dalla parrocchiale, quale recupero della vecchia torre di un castello antico.
Essi, simbolo della comunità, dovevano avere un’altezza ragguardevole in modo da consentire la propagazione del suono delle campane, che regolava la vita del borgo, il più lontano possibile.
Infatti, campanili e torri campanarie si individuano da lontano con le loro guglie dalle forme più disparate: a piramide quadrata o ottagonale, in stile delfinato, slanciatissime a flèche o addirittura a forma di tiara.
I più antichi risalgono all’XI – XII secolo ed ognuno ha una propria storia che vale la pena approfondire...
I campanili ci accompagnano da secoli con la loro presenza silenziosa ma imponente.
Svettano nei paesaggi alpini e collinari, nelle città e nei piccoli borghi, custodi di memoria, arte e spiritualità.
In questo numero primaverile, passata la Pasqua – tempo in cui le campane hanno risuonato gioiose – vogliamo celebrare proprio loro: le torri campanarie, simboli di comunità e verticalità, punti di riferimento terreni e celesti.
I campanili non sono solo strutture architettoniche: sono testimoni della vita religiosa e civile, protagonisti del suono che un tempo scandiva il ritmo del giorno.
E, proprio per la loro altezza, spesso diventano anche bersagli del cielo.
Così, all’intreccio tra arte e natura, si aggiunge quello con la fede popolare: Sant’Antonio Abate, Santa Barbara e San Floriano sono i santi a cui ci si affida per proteggere queste sentinelle di pietra dai fulmini e dagli incendi.
In questo numero vi portiamo a scoprire due gioielli: la Rettoria di San Secondo a Magnano e la Chiesa di San Vincenzo di Saragozza a Saint-Vincent, esempi diversi ma uniti dalla bellezza e dal radicamento nel territorio.
Non mancano approfondimenti, percorsi tematici e una nuova galleria dedicata alle guglie, che rendono ogni campanile unico nel suo genere.
Vi auguriamo una piacevole lettura e non vediamo l’ora di ritrovarvi nel prossimo appuntamento di giugno, per proseguire insieme questo lungo viaggio tra arte, storia e spiritualità!
La presenza dei santi in Piemonte colpisce per la sua ampiezza e varietà. Si parte dai secoli più antichi del cristianesimo, già dai tempi di san Pietro apostolo, che avrebbe percorso la Valle di Susa per cristianizzare la regione; si prosegue con personaggi che sfumano nella leggenda, come i martiri della Legione Tebea; poi, avanzando nei secoli attraverso religiosi e laici dediti alla penitenza e alla carità, si arriva ai cosiddetti santi sociali ottocenteschi, come don Bosco o il Cottolengo, fin dentro il secolo appena trascorso. Questo libro, che è insieme repertorio biografico dei santi e raccolta di leggende, aneddoti e proverbi, offre una galleria di ritratti di più di 500 santi di ogni epoca che in qualche modo hanno avuto a che fare con il Piemonte: o perché vi sono nati e vissuti, o perché vi vengono venerati. Di ciascuno di essi viene raccontata la storia; vengono ricordati gli attributi che li caratterizzano e aiutano a riconoscerli nell'iconografia; sono riportati i principali proverbi piemontesi a essi ispirati; vengono infine indicati i luoghi della regione che hanno dedicato loro degli edifici di culto e delle opere d'arte, e le località che dai santi hanno preso il nome. Si delinea così un'interessante geografia del sacro e del meraviglioso: dove la meraviglia sta nelle storie straordinarie dei santi, ma anche nella bellezza delle opere d'arte che hanno ispirato, spesso nascoste in angoli poco noti, ma capaci di offrire incantevoli suggestioni.
L’articolo propone una lettura epigrafica e storico-artistica del fonte battesimale della parrocchiale di Bricherasio,
attribuendone la realizzazione originaria al 1409 su commissione di
Bernardino Cacherano, conte ereditario del luogo.
Un secondo intervento di restauro risale invece al 1513, voluto da un omonimo prevosto.
L'autore chiarisce un errore interpretativo sulla data d'origine, finora ritenuta del Cinquecento.
Le iscrizioni e i simboli scolpiti – armi, strumenti agricoli e motivi religiosi – testimoniano l’influenza del sistema feudale e della famiglia Cacherano,
oltre a suggerire un legame con i maestri lapicidi Zabreri.
La complessa iconografia, arricchita da
simboli come l’acciarino e la miccia, indica possibili riferimenti al lavoro agricolo e alla committenza nobiliare.
L'articolo confronta anche le genealogie dei Cacherano secondo due fonti storiche principali (Caffaro e Bollea), mettendo in luce incongruenze
e lacune documentarie dovute alla distruzione dell’archivio di famiglia.
Il fonte si configura quindi come archetipo stilistico e testimonianza precoce di maestranze itineranti nel tardo gotico piemontese.
Ci sono luoghi che parlano sottovoce, ma sanno raccontare molto a chi sa ascoltare.
Le chiese cimiteriali delle colline astigiane sono tra questi: architetture silenziose, immerse nella quiete dei paesaggi monferrini, testimoni di un passato che continua a pulsare sotto le pietre e gli affreschi.
Sono luoghi in cui il tempo sembra sospendersi, e con esso la frenesia del presente.
Varcando la soglia di queste piccole chiese, ci si trova immersi in un’atmosfera fatta di spiritualità, arte e memoria collettiva.
In questo numero vi invitiamo a riscoprire il valore di queste cappelle, spesso nate come fulcro della vita dei villaggi e poi rimaste come custodi silenziose della nostra storia più intima.
Un viaggio che si apre con l’articolo introduttivo a cura di Giancarla Rosso e prosegue con le schede dedicate a due significative chiese cimiteriali.
Due approfondimenti della biblioteca di Chiese Romaniche, a cura di Piero Balestrino, ci accompagnano alla scoperta di altre due cappelle, arricchendo il racconto con dettagli storici e artistici.
Un itinerario tematico, una mappa tematica e una galleria fotografica completano l’esperienza, guidandoci tra paesaggi e architetture.
A concludere il percorso, la scheda agiografica dedicata a San Martino di Tours, patrono di tre delle chiese cimiteriali presentate, che ci invita a rileggere il nostro viaggio con occhi carichi di spiritualità e memoria.
Vi auguriamo una piacevole lettura e non vediamo l’ora di ritrovarvi nel prossimo appuntamento di maggio, per proseguire insieme questo lungo viaggio tra arte, storia e spiritualità!
Le reliquie ci appaiono come una delle più interessanti manifestazioni del Medioevo oscuro e superstizioso.
E con ragione!
Se togliamo loro la polvere del tempo, scopriremo storie affascinanti e personaggi indimenticabili.
Soprattutto, attraverso di loro possiamo stabilire una connessione diretta con uomini e donne del passato e guardare 2000 anni di storia in modo nuovo.
La polvere del mantello di san Martino, il dentino da latte di Gesù Bambino, migliaia e migliaia di frammenti della Vera Croce recuperata da sant’Elena: se scorriamo l’elenco delle innumerevoli reliquie conservate nei nostri santuari e nelle nostre chiese, non possiamo trattenere lo stupore e l’ironia per una ‘tipica’ testimonianza della superstizione e dell’oscurantismo medievale.
Ma se quello delle reliquie può apparire un mondo esclusivamente connesso con l’aspetto devozionale, con la fede e con l’esaltazione del sacro, esplorare le storie a loro legate ci conduce in un inedito mondo fatto di viaggi avventurosi, raggiri, contese teologiche, battaglie campali e rapporti di potere secolari.
Basta ricordare l’importanza che hanno per Venezia e Bari le reliquie di san Marco e san Nicola, rispettivamente trafugate da Alessandria d’Egitto e da Myra.
Sono storie che vedono protagonisti non solo santi e uomini di Chiesa, ma anche sovrani, condottieri, donne straordinarie, nobili e personaggi minori come pirati, ladri,abili millantatori e tanta povera gente in buona fede.
Inseguendo queste storie il lettore sarà trasportato dal palazzo imperiale di Costantinopoli a ciò che resta del Calvario presso Gerusalemme, dal cuore dell’Arabia alla brumosa Britannia, dalle abbazie ai palazzi reali, dalle piccole pievi rurali fino alle cattedrali delle più grandi città d’Europa.
La Madonna del Boschetto. Arte medievale a Frossasco e dintorni, curato da P. Gilli e pubblicato nel 2005 dal Centro Studi Piemontesi nella collana "Un filo d'arte", è un volume di 78 pagine che esplora il patrimonio artistico medievale di Frossasco e delle sue vicinanze.
Il libro si concentra sulla cappella della Madonna del Boschetto, analizzando la sua architettura e gli affreschi, inserendola nel contesto più ampio della vita religiosa e artistica del territorio tra Medioevo ed età moderna .
Attraverso contributi di studiosi, l'opera offre una panoramica dettagliata delle espressioni artistiche e delle pratiche devozionali locali.
Questo volume rappresenta una risorsa preziosa per chi è interessato alla storia dell'arte medievale piemontese, offrendo spunti per ulteriori ricerche e approfondimenti sul patrimonio culturale della regione.
La chiesa di San Felice a Cinaglio, risalente alla fine del IX secolo, sorge su una collinetta accanto al cimitero.
Nata con la funzione di chiesa parrocchiale col tempo è stata destinata a semplice chiesa cimiteriale.
La parte più antica è l’abside romanica che presenta una decorazione ad archetti pensili.
La torre campanaria, di cui era dotata fino al 1700, è ora scomparsa.
L’interno è ad aula rettangolare con tre volte a vela.
Gli affreschi dell’abside, all’interno, risalgono al XV secolo e sono attribuiti a pittori itineranti.
Nella volta vi troviamo un Cristo Pantocratore circondato dai simboli dei quattro Evangelisti.
Nella fascia sottostante, oltre ad alcuni Santi ed al committente, sono raffigurati i dodici Apostoli.
Le pareti dell’aula, di più recente costruzione sono state dipinte dal pittore Giovanni Lamberti a metà del secolo scorso.
La chiesa di Santa Maria Assunta o Santa Maria dei Morti sorge su un poggio nei pressi del cimitero.
Risale al XII secolo, donata da Federico I Barbarossa al Marchese Guglielmo di Monferrato insieme ai borghi di Marentino e Brusasco.
Con lo svilupparsi del borgo venne costruita una nuova parrocchiale, omonima, ma più centrale rispetto alle nuove costruzioni e questa chiesa venne declassata a sola chiesa cimiteriale.
La facciata presenta mattoni alternati a conci di arenaria.
Il corpo centrale ha il tetto a doppio spiovente.
Il portale è sormontato da una lunetta ed è situato sotto un arco a tutto sesto in mattoni ed arenaria.
Sul fianco sud vi era la cosiddetta “porta dei morti”, ora ridotta a finestra.
Tutto il perimetro del sottotetto presenta una fila di archetti pensili con peducci raffiguranti bizzarre sculture.
L’aula misura sei metri per dodici con abside semicircolare.
Le pareti sono spoglie e gli affreschi, in parte di Guglielmetto Fantini ed in parte di un frescante sconosciuto, sono concentrati nell’abside.
Sulla volta dell’abside è raffigurato un compianto sul Cristo morto, mentre sulla parete del catino absidale sono raffigurati alcuni Santi: Cristoforo col Bambino Gesù, Giacomo, Sebastiano, una Madonna del latte, Valeriano con altri due non identificabili, Lucia e Stefano.
I campanili, o più precisamente le torri campanarie, muti testimoni della vita artistica, sociale e religiosa della Valle d’ Aosta, si ergono per la maggior parte staccati dalla parrocchiale, quale recupero della vecchia torre di un castello antico.
Essi, simbolo della comunità, dovevano avere un’altezza ragguardevole in modo da consentire la propagazione del suono delle campane, che regolava la vita del borgo, il più lontano possibile.
Infatti, campanili e torri campanarie si individuano da lontano con le loro guglie dalle forme più disparate: a piramide quadrata o ottagonale, in stile delfinato, slanciatissime a flèche o addirittura a forma di tiara.
I più antichi risalgono all’XI – XII secolo ed ognuno ha una propria storia che vale la pena approfondire...
I campanili ci accompagnano da secoli con la loro presenza silenziosa ma imponente.
Svettano nei paesaggi alpini e collinari, nelle città e nei piccoli borghi, custodi di memoria, arte e spiritualità.
In questo numero primaverile, passata la Pasqua – tempo in cui le campane hanno risuonato gioiose – vogliamo celebrare proprio loro: le torri campanarie, simboli di comunità e verticalità, punti di riferimento terreni e celesti.
I campanili non sono solo strutture architettoniche: sono testimoni della vita religiosa e civile, protagonisti del suono che un tempo scandiva il ritmo del giorno.
E, proprio per la loro altezza, spesso diventano anche bersagli del cielo.
Così, all’intreccio tra arte e natura, si aggiunge quello con la fede popolare: Sant’Antonio Abate, Santa Barbara e San Floriano sono i santi a cui ci si affida per proteggere queste sentinelle di pietra dai fulmini e dagli incendi.
In questo numero vi portiamo a scoprire due gioielli: la Rettoria di San Secondo a Magnano e la Chiesa di San Vincenzo di Saragozza a Saint-Vincent, esempi diversi ma uniti dalla bellezza e dal radicamento nel territorio.
Non mancano approfondimenti, percorsi tematici e una nuova galleria dedicata alle guglie, che rendono ogni campanile unico nel suo genere.
Vi auguriamo una piacevole lettura e non vediamo l’ora di ritrovarvi nel prossimo appuntamento di giugno, per proseguire insieme questo lungo viaggio tra arte, storia e spiritualità!
La presenza dei santi in Piemonte colpisce per la sua ampiezza e varietà. Si parte dai secoli più antichi del cristianesimo, già dai tempi di san Pietro apostolo, che avrebbe percorso la Valle di Susa per cristianizzare la regione; si prosegue con personaggi che sfumano nella leggenda, come i martiri della Legione Tebea; poi, avanzando nei secoli attraverso religiosi e laici dediti alla penitenza e alla carità, si arriva ai cosiddetti santi sociali ottocenteschi, come don Bosco o il Cottolengo, fin dentro il secolo appena trascorso. Questo libro, che è insieme repertorio biografico dei santi e raccolta di leggende, aneddoti e proverbi, offre una galleria di ritratti di più di 500 santi di ogni epoca che in qualche modo hanno avuto a che fare con il Piemonte: o perché vi sono nati e vissuti, o perché vi vengono venerati. Di ciascuno di essi viene raccontata la storia; vengono ricordati gli attributi che li caratterizzano e aiutano a riconoscerli nell'iconografia; sono riportati i principali proverbi piemontesi a essi ispirati; vengono infine indicati i luoghi della regione che hanno dedicato loro degli edifici di culto e delle opere d'arte, e le località che dai santi hanno preso il nome. Si delinea così un'interessante geografia del sacro e del meraviglioso: dove la meraviglia sta nelle storie straordinarie dei santi, ma anche nella bellezza delle opere d'arte che hanno ispirato, spesso nascoste in angoli poco noti, ma capaci di offrire incantevoli suggestioni.
L’articolo propone una lettura epigrafica e storico-artistica del fonte battesimale della parrocchiale di Bricherasio,
attribuendone la realizzazione originaria al 1409 su commissione di
Bernardino Cacherano, conte ereditario del luogo.
Un secondo intervento di restauro risale invece al 1513, voluto da un omonimo prevosto.
L'autore chiarisce un errore interpretativo sulla data d'origine, finora ritenuta del Cinquecento.
Le iscrizioni e i simboli scolpiti – armi, strumenti agricoli e motivi religiosi – testimoniano l’influenza del sistema feudale e della famiglia Cacherano,
oltre a suggerire un legame con i maestri lapicidi Zabreri.
La complessa iconografia, arricchita da
simboli come l’acciarino e la miccia, indica possibili riferimenti al lavoro agricolo e alla committenza nobiliare.
L'articolo confronta anche le genealogie dei Cacherano secondo due fonti storiche principali (Caffaro e Bollea), mettendo in luce incongruenze
e lacune documentarie dovute alla distruzione dell’archivio di famiglia.
Il fonte si configura quindi come archetipo stilistico e testimonianza precoce di maestranze itineranti nel tardo gotico piemontese.
Il progetto di Chiese Romaniche nasce alla fine degli anni '80, frutto della passione di Marco Actis Grosso per le meraviglie delle chiese romaniche.
Sin dall'origine è un progetto non profit basato sulla collaborazione di "amici del progetto" e il sito non ospita banner pubblicitari e sponsorizzazioni.
Nel 1993, questo sogno si concretizza, con l'obiettivo di far conoscere e valorizzare il patrimonio di chiese romaniche, ma anche gotiche e rinascimentali, presenti in Piemonte.
Inizialmente operante sotto la “Fondazione ISPER Carlo Actis Grosso”, il progetto ha mosso i suoi primi passi con la pubblicazione di un breve volume cartaceo e successivamente con una serie di CD.
Nel 2018, il sito web ha assunto un dominio proprio, continuando a beneficiare del patrocinio e del sostegno della Fondazione.
Oggi, il sito www.chieseromaniche.it rappresenta il risultato di anni di dedizione e lavoro.
Attraverso un meticoloso lavoro di censimento, supportato da fonti bibliografiche e sopralluoghi, il sito offre un'ampia panoramica sul patrimonio, anche meno conosciuto, di chiese romaniche, gotiche e rinascimentali in Piemonte.
Attualmente, sono state schedate ben 1.661 chiese.
Dal 2016, è iniziata una fase di verifica sul campo delle informazioni, che ha portato all'arricchimento delle schede con immagini, filmati, indicazioni pratiche e localizzazione su Google Maps e Google Earth.
Lo spirito del sito è quello di fungere da indice delle chiese, supportato da informazioni essenziali, rimandando ad altri siti per approfondimenti, evitando così duplicazioni inutili.
Attualmente, sono disponibili 2.494 link di approfondimento
Un aspetto fondamentale del sito è il supporto iconografico, che consente di conoscere le chiese anche a chi non ha la possibilità di visitare la regione.
L'archivio fotografico, il più vasto disponibile in Piemonte, conta 16.733 foto.
Per alcune chiese con un numero elevato di fotografie, sono state create 49 specifiche “gallerie fotografiche” con fotografie.
La crescita della fototeca è stata possibile grazie alla collaborazione di 48 persone ed enti, che hanno contribuito in modo occasionale o sistematico.
Inoltre, il sito è arricchito da un glossario con 973 termini, simboli e attributi, e da una sezione dedicata all'agiografia, pensata per facilitare la comprensione degli affreschi presenti nelle chiese, con 328 schede e 817 Fotografie.
Sono stati ipotizzati 201 itinerari di scoperta, che comprendono percorsi geografici, tematici e cicloartistici..
Nel 2019, è stata lanciata la newsletter di chieseromaniche.it giunta al 54° numero, mentre nel 2020 è iniziato il progetto “1993-2023 - 30 anni di chieseromaniche: una foto per ogni chiesa”, con l'obiettivo di avere almeno una foto per ogni chiesa censita.
Sebbene il progetto sia stato rallentato dalla pandemia, sono già state fotografate 1.375 chiese e restano 286 chiese da fotografare.
Infine, nel 2024, il progetto si è esteso anche alla Valle d'Aosta, dove sono già state censite e geolocalizzate le chiese, dando inizio a un lavoro di rilevo sul campo e a una campagna fotografica.
In questo modo, Chiese Romaniche continua a crescere e a promuovere la storia, l'arte e la spiritualità delle chiese del Piemonte e ora della Valle d'Aosta, invitando tutti a scoprire e apprezzare questo patrimonio inestimabile.